Ho appena iniziato un dottorato di ricerca dal titolo “Mind, Gender and Language”. Senza pretese, vorrei provare a spiegare cosa mi abbia spinto a creare un blog. Innanzitutto mi presento, mi chiamo Carmen, ho 26 anni, vengo da un paese vesuviano per il cui nome ridono sempre tutti (il paese si chiama Pollena Trocchia) e sono cresciuta in un palazzo di 48 appartamenti dell’IACP (Istituto Autonomo Case Popolari). Provengo da una famiglia povera e senza scolarizzazione, quando ero alle scuole elementari ho iniziato a subire molestie sessuali da un uomo anziano che abitava nello stesso stabile della mia famiglia, sullo stesso pianerottolo e, per una serie di motivi, sono stata stuprata e sono riuscita a liberarmi (più o meno) di quelle violenze carnali soltanto una volta compiuta la maggiore età. Parto da qui per spiegare a chi mi leggerà – se mi leggerà qualcuno – per quale motivo sia tanto importante per me imparare a condurre ricerche sociali relative a questioni di genere e anche perché prediligo un approccio intersezionale. Imparare a comunicare per me è stato fondamentale per il mio processo graduale di affrancamento dalla violenza di genere. In principio ero solo piena di rabbia, per quello che mi accadeva e per l’incapacità di esternarlo. Nel luogo da cui provengo il solo modo per comunicare erano i toni alti, ma a me piaceva il modo in cui la mia voce nella mente leggeva i testi sul libro di antologia, con un tono simile a quello che aveva la maestra di italiano quando spiegava le regole di grammatica. Avevo intuito che la scuola potesse aiutarmi ad esprimermi in un modo meno chiassoso e, successivamente, ho capito che sarebbe stato anche più efficace. Dei lontani parenti dicevano che parlavo “come quelli delle palazzine”, perché alzavo la voce e avevo una cadenza molto popolare. Per evitare di disturbare le orecchie di chi mi circondava, pensai bene di tacere e di osservare attentamente la maestra e mia cugina di secondo grado, però più le osservavo e più pensavo che forse io avevo qualcosa che non andava, che non ero abbastanza rispettabile, perché non mi vedevo trattata come loro, perché sapevo che nessuno le sputava addosso e che il vecchio non si sarebbe mai permesso di provare a far sesso con loro. Da questa analisi che va avanti orami da circa tre lustri ho dedotto che non era solo il fatto che io fossi nata femmina il motivo per cui fossi stata esposta a nove anni di abusi sessuali e altre forme di violenza, ma anche il fatto che abitassi nelle case popolari, che la mia famiglia non avesse un reddito né una scolarizzazione, ma soprattutto alcun ruolo sociale, nemmeno nella camorra. La scrittura è stata uno strumento molto utile per comunicare alcuni malesseri e continua ad esserlo. La ricerca, vuol essere uno strumento per fare qualcosa di più. Non solo raccontare contesti osservati, vissuti, ma rilevare informazioni con metodo, conferendo a questo processo dignità scientifica e portando alle coscienze non solo una narrazione ma anche dati. Finora ho prediletto la ricerca qualitativa, ma ho ancora pochissima esperienza nel campo e non padroneggio ancora gli strumenti della ricerca sociale. Intanto ho aperto questo spazio per condividere con chi vorrà le conoscenze che acquisirò nel corso di questo percorso formativo.
Ti voglio bene ❤️
"Mi piace""Mi piace"